mercoledì 11 dicembre 2013

Il "numero chiuso" alla Corte europea: riflessioni finali sul caso Tarantino


Il 2 aprile 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo si è pronunciata sul caso "Tarantino e altri c. Italia".
La sentenza è diventata definitiva il 9 settembre, quando il panel di 5 giudici ha respinto il rinvio alla Grande Camera che avevamo presentato, confermando in questo modo la sentenza. E' tempo di fare un bilancio.

Ottenere un rinvio alla Grand Chamber non era affatto semplice. Il rinvio viene concesso solo in "casi eccezionali". Nella riunione del 9 settembre, per fare un esempio, sono state proposte 19 istanze di rinvio alla Grand Chamber, ma solo una di esse è stata concessa (Rohlena v. the Czech Republic).

Non intendo esprimere un'opinione "di merito" sulla sentenza, perché non mi considero abbastanza autorevole per farlo e perché non ho l'imparzialità necessaria, avendo vissuto in prima persona tutte le fasi processuali. Ma posso dire che questa pronuncia - tanto nella parte scritta dalla maggioranza che nella dissenting opinion del giudice Pinto de Albuquerque - offre spunti di riflessione interessanti sul "diritto all'istruzione" e sui poteri dello Stato nel limitarlo, come dimostra il fatto che è stata selezionata per la pubblicazione.

L'accoglimento del ricorso probabilmente avrebbe costretto il nostro Paese a modificare la legge sul "numero chiuso", magari prendendo spunto da quanto accade in altre Nazioni d'Europa dove esistono meccanismi differenti, grazie anche a un maggiore ruolo delle università private. Il legislatore italiano avrebbe forse dovuto modificare i criteri per l'accesso, che attualmente si basano non solo sulla capacità formativa delle università, ma soprattutto su stime occupazionali. Una delle tesi centrali del ricorso era infatti quella della illogicità di queste stime, in passato già censurate dall'Antitrust e da numerosi Tar (ma non dal Consiglio di Stato che le ritiene legittime).

Il ricorso invece è stato rigettato. Ma questo non significa che l'attuale legge sul "numero chiuso" è destinata a durare per sempre. Il tempo passa e l'ordinamento giuridico muta. Anche in Paesi come la Francia - storicamente favorevoli a questo strumento - cominciano ad affiorare voci contrarie. Dunque la storia del "numero chiuso" è ancora tutta da scrivere. E non mi riferisco solo alla possibilità che la Corte europea in futuro muti il proprio orientamento, ma soprattutto alla possibilità che la questione approdi alla Corte costituzionale... oppure che il Parlamento decida di modificare la legge. Il futuro potrebbe riservare interessanti sorprese.

Vorrei concludere con una considerazione più generale. 
I cittadini che ritengono di essere stati danneggiati da un provvedimento amministrativo fanno bene a rivolgersi all'Autorità giudiziaria, ma non possiamo demandare ai giudici la risoluzione di tutti i problemi della nostra società. Spesso l'ingiustizia lamentata dal cittadino, pur rimanere nel campo del diritto amministrativo, deriva da una legge ingiusta che la Pubblica Amministrazione (anche volendo) non può disapplicare. Una legge ingiusta determina regolamenti amministrativi ingiusti che a loro volta determinano provvedimenti amministrativi ingiusti. Ma le leggi - questo è il punto - non piovono dal cielo! Sono votate dal Parlamento, ossia dai rappresentanti del Popolo italiano. Penso che noi cittadini, prima ancora di rivolgerci ai giudici, dovremmo farci sentire in maniera più decisa dai nostri rappresentanti e chiedere democraticamente l'abrogazione delle leggi che riteniamo contrarie all'interesse generale. Sarebbe bello che non si parlasse di "numero chiuso" solo a settembre, quando si svolgono i test di accesso e fioccano i ricorsi degli esclusi, ma anche dopo. Se questa legge non piace agli Italiani forse occorrerebbe modificarla.

venerdì 22 novembre 2013

Test di medicina, violazione anominato? Iscrizione in sovrannumero assicurata

E' una decisione molto attesa, perché proviene dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (ossia dal massimo organo della giustizia amministrativa) e perché mette fine a un contrasto giurisprudenziale fastidioso. Probabilmente è un'arma in più per gli esclusi dai test di medicina e odontoiatria.

Il Cga (giudice di appello per le sentenze emesse dal Tar Sicilia) si era rivolto all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato per sapere come comportarsi nel caso in cui un'università avesse violato le regole dell'anonimato durante la distribuzione e raccolta dei test di medicina. Il giudice siciliano desiderava sapere se una qualunque violazione del principio dell'anonimato potesse giustificare l'annullamento dei test (si trattava, nello specifico, dei test svoltisi a Messina nel 2010).

Il Cga faceva presente che, anche se alcuni comportamenti materiali della commissione avevano reso astrattamente possibile l’identificazione dell'autore di ciascun elaborato, le operazioni di distribuzione e raccolta dei test si erano svolte alla presenza degli studenti, circostanza che escludeva in concreto - secondo i giudici siciliani - la violazione dell'anonimato. L'Adunanza plenaria, con i provvedimenti fotocopia 26, 27 e 28 del 20 novembre 2013, ha invece accolto la tesi degli studenti e ha enunciato il seguente principio di diritto, a cui il giudice dovrà attenersi: “Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle pubbliche selezioni di stampo comparativo una violazione non irrilevante della regola dell’anonimato da parte della Commissione determina de jure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione".

Ora la palla passa nuovamente al giudice siciliano, chiamato ad applicare la regola dettata dall'Adunanza plenaria. Il Consiglio di Stato, in casi simili, ha deciso che i candidati esclusi avevano il diritto all'iscrizione in soprannumero, indipendentemente dalla posizione ricoperta in graduatoria. Col risultato di consentire l'iscrizione a candidati che erano classificati agli ultimi posti. Visto che sono passati molti anni dai test, appare praticamente impossibile l'annullamento integrale della graduatoria con esclusione di chi si è già iscritto, mentre appare più probabile che i ricorrenti si vedano riconosciuti dal Cga la possibilità di ottenere l'iscrizione in soprannumero a Messina, ammesso che ne abbiano ancora interesse.

Ma quando si verifica una violazione dell'anonimato? I casi possono essere tanti. Un esempio è quando l'Università distribuisce e ritira i test dei candidati seguendo l’ordine alfabetico o, al momento di ritirare i compiti, accanto al nome del candidato viene annotato il codice alfanumerico della sua prova. Si tratta di una pratica che in passato si è verificata spesso ma che adesso, grazie alla maggiore attenzione di Miur e università, dovrebbe essere più rara. In calce un estratto dei provvedimenti dell'Adunanza plenaria.

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 "1. La controversia in esame origina dalla selezione di ammissione per l’anno accademico 2010/2011 al corso di laurea a numero programmato in medicina e chirurgia presso l’Università degli studi di Messina. Alcuni studenti, classificatisi in posizione non utile per conseguire l’immatricolazione su uno dei 200 posti disponibili, hanno impugnato avanti al TAR Catania la graduatoria finale deducendo – tra l’altro – la violazione della regola dell’anonimato da parte della Commissione. Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale etneo ha disatteso questa censura, riproposta dai soccombenti in sede di impugnazione incidentale. Al riguardo il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana riconosce che taluni comportamenti materiali della Commissione (pur non contrastanti con specifiche previsioni del bando) possono aver in teoria reso possibile l’identificazione dell’autore di ciascun elaborato. Tuttavia il Consiglio, tenuta presente la genericità delle doglianze mosse dai ricorrenti e tenuta presente come meglio si vedrà poi la specifica tipologia della selezione, propende per escludere che in concreto l’ipotizzata violazione della regola dell’anonimato abbia alterato la correttezza della procedura selettiva. Ne consegue, a giudizio del Consiglio, che l'eventuale, astratta riconoscibilità dei candidati non dovrebbe costituire ex se causa di invalidazione della procedura concorsuale, allorché, come nella specie, non risulta in alcun modo dimostrato che tale evenienza abbia oggettivamente determinato condizioni di vantaggio per alcuni candidati, incidendo negativamente sui risultati della selezione effettuata. Rileva tuttavia il Consiglio la presenza in giurisprudenza di un diverso orientamento secondo il quale non occorre accertare se a seguito della violazione il riconoscimento della prova di un candidato abbia in concreto sviato la procedura di correzione, essendo sufficiente la mera astratta possibilità dell’avverarsi di tale evenienza. Pertanto, visto il rilievo di massima della questione, il Consiglio ha rimesso l’esame del ricorso incidentale a questa Adunanza Plenaria. 2. La violazione della regola dell’anonimato nei concorsi e nelle pubbliche selezioni viene nella prassi in rilievo sotto due profili che è opportuno tenere distinti, non potendosi applicare al secondo ambito i costrutti giurisprudenziali elaborati in relazione al primo. Nell’ipotesi statisticamente più frequente si tratta di controversie innescate dalle esclusione da procedure concorsuali (anche idoneative) di candidati che abbiano apposto al proprio elaborato segni di riconoscimento. In questo caso – allorché dunque la violazione è addebitata al candidato - afferma costantemente la giurisprudenza che la regola dell'anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tanto tassativo e assoluto da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che sussista un'astratta possibilità di riconoscimento, perché se così fosse sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi per esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca una particolare modalità di stesura: è invece necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il suo elaborato. ( ad es. VI Sez. n. 5220 del 2006). In sostanza, nell’ipotesi in esame l'annullamento di un elaborato per riconoscibilità dell'autore ne presuppone l'intenzionalità, che va desunta, per via indiretta o presuntiva, dalla natura in sé dell'elemento riconoscibile e dalla sua suscettività oggettiva di comportare la riferibilità dell'elaborato stesso a un determinato soggetto. ( ad es. V Sez. n. 2025 del 2011). Nel diverso caso, statisticamente meno frequente, in cui la mancata osservanza della regola dell’anonimato è addebitata all’Amministrazione nel contesto di una selezione di stampo comparativo, l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario considera tale violazione rilevante in sè “ senza che sia necessario ( per inferirne la illegittimità) ricostruire a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte dei soggetti chiamati a valutarli”. (cfr. VI Sez. n. 1928 del 2010). A sostegno di tale orientamento si osserva che “ L’ordinamento non chiede dunque che il giudice accerti di volta in volta che la violazione delle regole di condotta abbia portato a conoscere effettivamente il nome del candidato. Se fosse richiesto un tale, concreto, accertamento, lo stesso - oltre ad essere di evidente disfunzionale onerosità - si risolverebbe, con inversione dell’onere della prova, in una sorta di probatio diabolica che contrasterebbe con l’esigenza organizzativa e giuridica di assicurare senz’altro e per tutti il rispetto delle indicate regole, di rilevanza costituzionale, sul pubblico concorso.” ( cfr. di recente VI Sez. n. 3747 del 2013). In sintesi, come icasticamente precisato dalla II Sez. nel parere n. 213 del 2011 ( richiamato dall’ordinanza di rimessione e col quale è stato accolto il ricorso straordinario n. 3672 del 2011 proposto proprio avverso la selezione svoltasi nella stessa facoltà nel precedente anno accademico) a fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo valutatore “ non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza.”. Secondo un diverso indirizzo – al quale hanno invece dato continuità il TAR Catania con la sentenza qui impugnata e in sostanza il Consiglio di Giustizia con l’ordinanza di rimessione a questa Adunanza Plenaria – “ in applicazione del principio di conservazione ex art. 21-octies, comma 2, l. 7 agosto 1990 n. 241, la violazione della regola procedimentale dell'anonimato in un procedimento amministrativo relativo a un concorso è irrilevante quando la prova concorsuale consista nella soluzione di quesiti a risposta multipla e non risultino, perciò, riconosciuti all'amministrazione margini di discrezionalità valutativa, se non sia stata fornita prova del fatto che l'osservanza della regola procedimentale dell'anonimato avrebbe determinato un differente esito procedimentale”. ( cfr. anche CGA n. 168 del 2010). In sostanza, allorché la correzione degli elaborati ha carattere non valutativo ma strettamente vincolato e specialmente allorché essa è come nel caso all’esame demandata ad un organo terzo ( il CINECA) non basterebbe lamentare genericamente violazioni dell’anonimato da parte della Commissione, occorrendo invece l’indicazione di elementi concreti dai quali desumere che si sia in effetti verificata una lesione della par condicio tra i candidati. 3. Ciò premesso, osserva questa Adunanza Plenaria che il criterio dell'anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso – nonché in generale in tutte le pubbliche selezioni - costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza nonché specialmente di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati. Tale criterio, costituendo appunto applicazione di precetti costituzionali, assume una valenza generale ed incondizionata, mirando esso in sostanza ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura selettiva e costituendone uno dei cardini portanti. L’esigenza dell’anonimato si traduce infatti a livello normativo in regole che, per quanto ora rileva, tipizzano rigidamente il comportamento dell’Amministrazione imponendo ( come fa ad es. il D.M. 10.6.2010 per la selezione in controversia) una serie minuziosa di cautele e accorgimenti prudenziali, inesplicabili se non sul presupposto dell’intento del Legislatore di qualificare la garanzia e l’effettività dell’anonimato quale elemento costitutivo dell’ interesse pubblico primario al cui perseguimento tali procedure selettive risultano finalizzate. Allorché l’Amministrazione si scosta in modo percepibile dall’osservanza di tali vincolanti regole comportamentali si determina quindi una illegittimità di per se rilevante e insanabile, venendo in rilievo una condotta già ex ante implicitamente considerata come offensiva in quanto appunto connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto minacciare il bene protetto dalle regole stesse. In conclusione, mutuando la antica terminologia penalistica, può affermarsi che la violazione dell’anonimato da parte della Commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d. astratto ( cfr. in termini VI sez. n. 3747/2013 citata) e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione. Nè, a giudizio dell’Adunanza, può affermarsi che nel caso in esame la Commissione sia incorsa in irregolarità così modeste o veniali da risultare giustificabili alla stregua del principio di ragionevolezza e proporzionalità. Infatti, come si evince dagli atti e come meglio specificato nelle premesse, la Commissione ha fatto annotare sull’elenco alfabetico dei candidati, accanto al nome di ciascuno di essi, il codice alfanumerico CINECA riservato a lui attribuito, codice la cui funzione era appunto quella di consentire solo ex post l’abbinamento della scheda anagrafica con la prova corretta. Certamente, come afferma l’Amministrazione, questa condotta può essere stata ispirata dall’intento di precludere disfunzioni e scambio delle prove tra i candidati, ma ciò non toglie che in buona sostanza dopo la conclusione della procedura la Commissione si è trovata in possesso di un elenco alfabetico in cui al codice ( segreto) contrassegnante l’elaborato era inequivocabilmente associato al nome del candidato. Incidentalmente, sembra significativo notare che nelle selezioni per i successivi anni accademici l’Università ha cessato di far annotare il codice segreto accanto al nome del candidato. Inoltre, alla fine della prova in controversia il ritiro delle buste e soprattutto il loro posizionamento nei vari contenitori sono avvenuti seguendo rigorosamente l’ordine alfabetico dei singoli candidati, con conseguente possibilità di rintracciare con sicurezza la scatola in cui era stata collocata la prova consegnata da ciascun candidato. Ne consegue che il comportamento della Commissione ha superato la soglia di criticità, mettendo a rischio nel senso anzidetto tutti gli accorgimenti predisposti a livello normativo generale e di settore al fine di assicurare l’anonimato nella fase di correzione. Il mezzo in rassegna va quindi accolto, con conseguente annullamento della graduatoria invalidamente formata, dovendosi enunciare il seguente principio di diritto: “Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle pubbliche selezioni di stampo comparativo una violazione non irrilevante della regola dell’anonimato da parte della Commissione determina de iure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.” Ai sensi dell’art. 99 comma 4 cod. proc. amm. il giudizio è restituito per il seguito dell’esame delle restanti questioni al Consiglio remittente il quale provvederà anche per le spese della presente fase."

venerdì 15 novembre 2013

Medicina e odontoiatria: Il Tar Abruzzo approva altri tre trasferimenti dall'estero

A luglio l'avevamo detto: la graduatoria dell'Università dell'Aquila per i trasferimenti a Medicina e Odontoiatria era illegittima perché escludeva gli studenti iscritti all'estero. Tre esclusi, studenti italiani in Romania e in Albania iscritti ad anni successivi al primo, si sono rivolti agli esperti di "Costruiamo il domani" per presentare un ricorso al Tar, che è stato accolto. L'Università ha avviato le procedure di trasferimento e a breve potranno frequentare l'ateneo abruzzese, come altri studenti che li hanno preceduti nei mesi passati. Ecco il testo del provvedimento.

venerdì 19 luglio 2013

Università dell'Aquila, al via il ricorso contro la graduatoria dei trasferimenti a Odontoiatria e Medicina. Scadenza il 24 luglio.

Il 18 luglio l'Università dell'Aquila ha pubblicato la graduatoria per i trasferimenti ai corsi di laurea di Medicina e Odontoiatria. Ecco il link: http://www.univaq.it/aol/files/00517522-000-allegato%200.pdf

Anche quest'anno l'Università non ha accolto gli studenti provenienti da atenei stranieri. Riteniamo, alla luce delle vittorie ottenute al Tar Abruzzo, che sia una scelta illegittima (ne abbiamo parlato nei post precedenti). Stiamo organizzando un ricorso collettivo per consentire l'iscrizione degli esclusi. Gli interessati dovranno inviarci un'email con oggetto "ricorso Aquila" il prima possibile, e comunque non oltre il 24 luglio, indicando un loro recapito telefonico e una email. Nelle successive 24 ore riceveranno istruzioni su modalità di partecipazione costi. I documenti richiesti per l'adesione dovranno essere consegnati entro le successive 24 ore, a pena di decadenza.

Al ricorso potranno partecipare solo ed esclusivamente gli studenti che hanno regolarmente presentato domanda di trasferimento all'Aquila e che sono stati esclusi perché provenienti da università non italiane (dunque non per incompletezza della documentazione o perché fuoricorso). Come mai questa fretta? Perché i termini per presentare ricorso stanno per scadere e non possiamo permettere che i ritardi di un ricorrente pregiudichino tutti gli altri.

dott. Giuseppe Lipari
Per adesioni: 

martedì 9 luglio 2013

A chi chiedere "informazioni" sul riconoscimento del titolo professionale

Oggi ho ricevuto l'ennesima "richiesta di informazioni" sul riconoscimento del titolo professionale conseguito in un paese Europeo (in questo caso la Spagna). In calce la mia risposta.
"Buongiorno, volevo intanto ringraziarla per il servizio che offre con l'organizzazione "costruiamo il domani", dando informazioni che purtroppo per mia esperienza ho appurato che non sono in grado di dare nemmeno in [OMISSIS]. Sono un ragazzo che vorrebbe andare a studiare in Spagna fisioterapia (non so se vi occupate anche di questa laurea visto che nel vostro sito ho trovato informazioni solo su odontoiatria e medicina) ma purtroppo non riesco a capire se il titolo poi mi verrà riconosciuto in Italia.Non so più a chi rivolgermi, ho chiamato il [OMISSIS] e mi hanno detto: "lei si laurei poi vedremo". Ma che razza di risposta è questa, è un impegno sia fisico che economico prendersi una laurea all'estero e non credo che si possano dare queste risposte. Scusi per lo sfogo ma mi appello a lei dal momento che non riesco ad avere informazioni in merito, ho visto alcune università private [OMISSIS] e [OMISSIS]. Volevo sapere se lei può consigliarmi un percorso da seguire per avere informazioni dettagliate in merito. La ringrazio anticipatamente e le auguro una buona giornata".
[email firmata]



* * *
Caro lettore, capisco il tuo punto di vista ma, come detto in altro post, non siamo un "ufficio informazioni" e non vogliamo essere considerati tali. Questo genere di quesiti dovete rivolgerli ai soggetti pubblici pagati dal contribuente (cioè da tutti noi) per fornire servizi al cittadino. 

Potete rivolgervi a questi enti: a) Ministero della Salute (procedura da seguire per il riconoscimento del titolo professionale nelle professioni sanitarie); b) Ambasciata d'Italia nel paese in cui si trova l'Università straniera (potranno dirvi se effettivamente l'università in cui volete iscrivervi è riconosciuta da quello Stato e dunque se rilascia lauree "valide" ad esercitare la professione in quello Stato, requisito fondamentale per ottenere il riconoscimento del titolo professionale ottenuto all'estero. Il fatto che un'università sia privata non è un problema, a patto che l'università sia riconosciuta da quello Stato). Se non ottenete le risposte che cercate, potete sempre consultare il portale dell'Unione europea (http://ec.europa.eu/solvit/site/links/index_it.htm) oppure esporre in italiano il vostro caso al servizio di consulenza legale GRATUITA dell'Unione europea, che è molto efficiente (http://ec.europa.eu/citizensrights/front_end/index_it.htm). 

In ogni caso, di fronte a una risposta evasiva della Pubblica Amministrazione suggerisco di non arrendersi e sottoporre per iscritto il quesito al superiore gerarchico del funzionario a cui vi siete rivolti. Se tutti i cittadini italiani si comportassero in questo modo, certamente l'Amministrazione sarebbe costretta a mutare atteggiamento ed essere meno evasiva. Il fatto è che spesso il cittadino italiano si lamenta di un disservizio ma non fa nulla per cambiare la situazione. 

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domenica 7 luglio 2013

Nuovo sì del Tar Abruzzo: altri quattro trasferimenti dall'estero

Altri quattro studenti provenienti dalla Spagna potranno frequentare odontoiatria in Italia, precisamente all'Università dell'Aquila. Tre di loro provengono dall'Uem ed il quarto dall'Uax. Si erano rivolti a "Costruiamo il domani" a fine 2012 per chiedere il trasferimento. In un primo momento l'Università aveva respinto la richiesta. Poi il ricorso al Tar. Infine - e siamo ai primi di luglio - l'iscrizione a seguito di ordinanza cautelare del Tar (Tar Abruzzo, Aquila, I , ordinanza n. 30 del 2013). I giudici hanno sospeso i provvedimenti e ordinato di procedere col riconoscimento considerando che i dinieghi apparivano "prima facie irragionevoli con riferimento all'effetto della mancata copertura dei posti vacanti, e limitatamente a detti posti, in favore di soggetti comunque qualificati dalla pregressa carriera universitaria, ove riconoscibile all’esito di specifica valutazione della stessa".

Con quest'ordinanza il Tar ha ribadito il suo orientamento espresso in un altro caso presentato da "Costruiamo il domani" nel 2011 (Tar Abruzzo, I, sentenza n. 840 del 2012).

venerdì 5 luglio 2013

Ciò che non siamo: stop alle richieste di "informazioni"

Riceviamo un numero impressionante di email in cui i navigatori chiedono "informazioni" sugli argomenti affrontati nel blog. Email di questo tipo ci sottraggono parecchio tempo. Se nel blog non c'è quello che vi serve, rivolgetevi alla Pubblica Amministrazione. Contattate i ministeri competenti via telefono, email o fax. Se non rispondono, inviate una raccomandata. "Costruiamo il domani" non vuole (e non può) supplire alle inefficienze della Pubblica Amministrazione accollandosi un ruolo che sminuirebbe la propria funzione. Non siamo un ufficio informazioni o un'agenzia disbrigo pratiche. Da questo momento in poi non risponderemo più a generiche richieste di "informazioni", specialmente se le "informazioni" chieste sono già presenti nel blog. Contattateci solamente se avete un problema serio e se avete bisogno della nostra assistenza.


Il presidente
dott. Giuseppe Lipari

lunedì 1 luglio 2013

Tirocinio nei tribunali, limite di età incostituzionale?

Il “decreto del fare” che il Governo ha pubblicato presenta alcuni aspetti problematici che andrebbero rivisti. Uno di questi è il tirocinio formativo nei tribunali previsto dall'art. 73. Il limite di età (28 anni) per partecipare al tirocinio è a rischio incostituzionalità.

L'art. 73 del d.l. n. 69 del 2013 ha previsto il tirocinio formativo gratuito presso tribunali, corti d'appello e giudici amministrativi (Tar, Consiglio di Stato e Cga). Prevista anche la possibilità di svolgere questo periodo presso l'Avvocatura dello Stato. Il tirocinio non da diritto ad essere assunti dalla Pubblica Amministrazione o a ricevere retribuzione ma è una grande opportunità  per laureati che vogliono approfondire determinati rami del diritto, dal momento che i partecipanti avranno l'occasione di confrontarsi con magistrati o avvocati dello Stato e perfezionare la propria formazione con lo studio dei fascicoli processuali.

Ora, il fatto è che la mancanza di una norma transitoria discrimina tutti i soggetti che si sono laureati in giurisprudenza da più di 3-4 anni e che dunque adesso hanno più di 28 anni. Stesso dicasi per quelli che si sono laureati in giurisprudenza a più di 28 anni perché in possesso di altra laurea (ecco che un soggetto, più meritevole di altri perché in possesso di un ulteriore titolo, viene paradossalmente penalizzato). Senza considerare il fenomeno degli studenti lavoratori, iscritti in modalità part-time, che in alcuni casi si sono laureati col massimo dei voti ma che, dovendo lavorare per mantenersi negli studi, hanno tardato il conseguimento del titolo. Penalizzati per aver dovuto conciliare lavoro e studio.

E' giusto che si faccia selezione tramite il curriculum universitario (media del 27 nelle materie indicate nel decreto: costituzionale, privato, penale...) e il voto di laurea (il decreto prevede un voto minimo di 102), ma sembra che il limite di 28 anni sia discriminatorio e dunque irragionevole. L'art. 3 della Costituzione sanziona le norme discriminatorie e ci sono alcune sentenze della Corte costituzionale sull'obbligo di prevedere una normativa transitoria all'indomani di una riforma normativa importante come quella odierna. Dunque è possibile che in futuro – se il decreto legge non verrà corretto in sede di conversione – la questione finisca davanti al Tar e magari davanti la Corte costituzionale. In passato, in una vicenda simile a questa, il Tar Lazio ha ammesso il ricorrente alle prove scritte di un concorso interno ritenendo che i limiti di età erano irragionevoli. Immagino che anche in questo caso potrebbe accadere lo stesso.

Tra l'altro la Corte di Giustizia dell'Unione europea in passato ha censurato norme che impongono ingiustificati limiti di età per l'accesso ai concorsi pubblici (Grande camera, causa C-341/08, sentenza del 12 gennaio 2010). Mi chiedo se ha senso imporre il limite di 28 anni per un tirocinio formativo gratuito in tribunale quando il concorso per essere assunto come magistrato in quel tribunale (concorso di uditore giudiziario) non ha alcun limite di età...

Qualcuno potrebbe obiettare che queste norme sono state pensate per agevolare i giovani e che il legislatore gode di un ampio margine di autonomia. Qualcuno potrebbe dire che il Giudice Costituzionale non ha il potere di censurare le scelte del legislatore, a meno che esse non siano manifestamente illogiche... Però, anche a metterla in questo modo, il ragionamento non sarebbe convincente, perché l'agevolazione dei giovani non può tramutarsi in discriminazione dei meno-giovani. Siamo certi che una simile legge sia coerente col principio di eguaglianza racchiuso nell'art. 3 della nostra Costituzione? Un meccanismo del genere è ragionevole?

La certezza del diritto impone al legislatore di non cambiare improvvisamente le “carte in tavola” per non creare pericolose discriminazioni inter-generazionali. Se veramente l'interesse della società è promuovere i migliori, bisognerebbe mettere giovani e meno-giovani sullo stesso piano, lasciando che sia il loro percorso formativo a decidere chi ha più diritto a partecipare ai tirocini, senza che il legislatore preveda odiosi trabocchetti. 

Tra l'altro, il decreto contiene un'altra anomalia. Da un lato vuole garantire la massima partecipazione, consentendo anche ai laureati quadriennali di poter frequentare lo stage (in maniera analoga a quanto previsto per il concorso in magistratura), dall'altro dimentica che la laurea quadriennale è stata disattivata col d.m. n. 500/99 da oltre 10 anni. Gli studenti che sono entrati quando era in vigore la laurea quadriennale oggi hanno tutti più di 30 anni... Dunque di fatto non potranno partecipare ai tirocini per aver superato il limite d'età (sic!). Vi è una chiara antonimia tra due norme dello stesso decreto...

Il decreto è evidentemente viziato. Il Parlamento, all'atto della conversione, potrebbe rimediare a queste anomalie emanando una normativa transitoria che rinvii l'entrata in vigore del limite di 28 anni di almeno 4-5 anni, per consentire a chi lo ha già incolpevolmente superato (perché laureato da più di 4 anni, perché in possesso di seconda laurea, perché studente-lavoratore...) di poter sfruttare questa opportunità formativa.



Art. 73 d.l. n. 69 del 2013
(Formazione presso gli uffici giudiziari)
1. I laureati in giurisprudenza all’esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilita’ di cui all’articolo 42-ter, secondo comma, lettera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, un punteggio di laurea non inferiore a 102/110 e che non abbiano compiuto i ventotto anni di eta’, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso i tribunali e le Corti di appello della durata complessiva di diciotto mesi. Lo stage formativo, con riferimento al procedimento penale, puo’ essere svolto esclusivamente presso il giudice del dibattimento. I laureati, con i medesimi requisiti, possono accedere a un periodo di formazione teorico-pratica, della stessa durata, anche presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali. La Regione Siciliana e la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige, nell’ambito della propria autonomia statutaria e delle norme di attuazione, attuano l’istituto dello stage formativo e disciplinano le sue modalita’ di svolgimento presso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e presso il Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige.  2. Quando non e’ possibile avviare al periodo di formazione tutti gli aspiranti muniti dei requisiti di cui al comma 1 si riconosce preferenza, nell’ordine, alla media degli esami indicati, al punteggio di laurea e alla minore eta’ anagrafica.  3. Per l’accesso allo stage i soggetti di cui al comma 1 presentano domanda ai capi degli uffici giudiziari con allegata documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui al predetto comma, anche a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Nella domanda puo’ essere espressa una preferenza ai fini dell’assegnazione a uno o piu’ magistrati dell’ufficio incaricati della trattazione di affari in specifiche materie, di cui si tiene conto compatibilmente con le esigenze dell’ufficio. Per il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige, i Tribunali Amministrativi Regionali la preferenza si esprime con riferimento ad una o piu’ sezioni in cui sono trattate specifiche materie.  4. Gli ammessi allo stage sono affidati a un magistrato che ha espresso la disponibilita’ ovvero, quando e’ necessario assicurare la continuita’ della formazione, a un magistrato designato dal capo dell’ufficio. Gli ammessi assistono e coadiuvano il magistrato nel compimento delle ordinarie attivita’. Il magistrato non puo’ rendersi affidatario di piu’ di due ammessi. Il ministero della giustizia fornisce agli ammessi allo stage le dotazioni strumentali, li pone in condizioni di accedere ai sistemi informatici ministeriali e fornisce loro la necessaria assistenza tecnica. Nel corso degli ultimi sei mesi del periodo di formazione il magistrato puo’ chiedere l’assegnazione di un nuovo ammesso allo stage al fine di garantire la continuita’ dell’attivita’ di assistenza e ausilio. L’attivita’ di magistrato formatore e’ considerata ai fini della valutazione di professionalita’ di cui all’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, nonche’ ai fini del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di merito. L’attivita’ di magistrato formatore espletata nell’ambito dei periodi formativi dei laureati presso gli organi della Giustizia amministrativa non si considera ai fini dei passaggi di qualifica di cui all’articolo 15 della legge 27 aprile 1982 n. 186 ne’ ai fini del conferimento delle funzioni di cui all’articolo 6, comma 5, della medesima legge. Al magistrato formatore non spetta alcun compenso aggiuntivo o rimborso spese per lo svolgimento dell’attivita’ formativa.  5. L’attivita’ degli ammessi allo stage si svolge sotto la guida e il controllo del magistrato e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attivita’ e astenersi dalla deposizione testimoniale. Essi sono ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell’ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati con cadenza almeno semestrale. I laureati ammessi a partecipare al periodo di formazione teorico-pratico presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, i Tribunali Amministrativi Regionali e il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige sono ammessi ai corsi di formazione organizzati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.  6. Gli ammessi allo stage hanno accesso ai fascicoli processuali, partecipano alle udienze del processo, anche non pubbliche e dinanzi al collegio, nonche’ alle camere di consiglio, salvo che il giudice ritenga di non ammetterli; non possono avere accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti rispetto ai quali versano in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi, ivi compresi i fascicoli relativi ai procedimenti trattati dall’avvocato presso il quale svolgono il tirocinio.  7. Gli ammessi allo stage non possono esercitare attivita’ professionale innanzi l’ufficio ove lo stesso si svolge, ne’ possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.  8. Lo svolgimento dello stage non da’ diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo ne’ di obblighi previdenziali e assicurativi.  9. Lo stage puo’ essere interrotto in ogni momento dal capo dell’ufficio, anche su proposta del magistrato formatore, per sopravvenute ragioni organizzative o per il venir meno del rapporto fiduciario, anche in relazione ai possibili rischi per l’indipendenza e l’imparzialita’ dell’ufficio o la credibilita’ della funzione giudiziaria, nonche’ per l’immagine e il prestigio dell’ordine giudiziario.  10. Lo stage puo’ essere svolto contestualmente ad altre attivita’, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l’accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purche’ con modalita’ compatibili con il conseguimento di un’adeguata formazione. Il contestuale svolgimento del tirocinio per l’accesso alla professione forense non impedisce all’avvocato presso il quale il tirocinio si svolge di esercitare l’attivita’ professionale innanzi al magistrato formatore.  11. Il magistrato formatore redige, al termine dello stage, una relazione sull’esito del periodo di formazione e la trasmette al capo dell’ufficio.  12. L’esito positivo dello stage, come attestato a norma del comma 11, costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario, a norma dell’articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. Costituisce, altresi’, titolo idoneo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario lo svolgimento del tirocinio professionale per diciotto mesi presso l’Avvocatura dello Stato, sempre che sussistano i requisiti di merito di cui al comma 1 e che sia attestato l’esito positivo del tirocinio.  13. Per l’accesso alla professione di avvocato e di notaio l’esito positivo dello stage di cui al presente articolo e’ valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale ed e’ valutato per il medesimo periodo ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d’esame di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398.  14. L’esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza a parita’ di merito, a norma dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia, dall’amministrazione della giustizia amministrativa e dall’Avvocatura dello Stato. Per i concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato l’esito positivo del periodo di formazione costituisce titolo di preferenza a parita’ di titoli e di merito.  15. L’esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza per la nomina di giudice onorario di tribunale e di vice procuratore onorario.  16. All’articolo 5 della legge 21 novembre 1991, n. 374, dopo il comma 2 e’ aggiunto il seguente comma: “2-bis. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche a coloro che hanno svolto con esito positivo lo stage presso gli uffici giudiziari”.  17. Al fine di favorire l’accesso allo stage e’ in ogni caso consentito l’apporto finanziario di terzi, anche mediante l’istituzione di apposite borse di studio, sulla base di specifiche convenzioni stipulate con i capi degli uffici, o loro delegati, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo.  18. I capi degli uffici giudiziari di cui al presente articolo quando stipulano le convenzioni previste dall’articolo 37 del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, devono tenere conto delle domande presentate dai soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 1.  19. L’esito positivo dello stage presso gli uffici della Giustizia amministrativa, come attestato a norma del comma 11, e’ equiparato a tutti gli effetti a quello svolto presso gli uffici della Giustizia ordinaria.  20. La domanda di cui al comma 3 non puo’ essere presentata prima del decorso del termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

martedì 2 aprile 2013

Numero chiuso: ultimo atto

Un'importante agenzia stampa italiane e i siti web di alcuni quotidiani italiani hanno annunciato che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha respinto il ricorso sul "numero chiuso". Fino a quando la Corte non pubblicherà i provvedimenti non aggiungerò alcun commento. Aspetto una conferma ufficiale e - soprattutto - le motivazioni del provvedimento.

sabato 30 marzo 2013

"Numero chiuso" all'università, il 2 aprile la sentenza della Corte europea

Il 2 aprile 2013, alle 10.00 ora di Parigi, la Corte europea dei diritti dell'Uomo (www.echr.coe.int) pubblicherà sul suo sito la sentenza del ricorso che ho presentato nel 2009 a nome di alcuni studenti italiani contro la legge sul "numero chiuso" nelle università. Ne abbiamo parlato tanto in questo blog.

Adesso è arrivato il momento della decisione. Se il ricorso sarà accolto l'intero sistema di accesso dovrà essere modificato. Sarebbe, senza esagerare, una rivoluzione. Se sarà respinto, al contrario, tutto rimarrà come prima. Il destino del "numero chiuso" dunque è nelle mani dei giudici di Strasburgo. Aspettiamo con impazienza il verdetto ;-)

Commenterò il risultato in diretta su Twitter.

I ricorrenti e tutti gli altri possono contattarmi vai email:


Vi allego un link al comunicato stampa della Corte. In basso una mia traduzione.

http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng-press/pages/search.aspx?i=003-4305846-5149880


* * *

[...]

Tarantino e altri contro l'Italia (ricorsi nn. 25851/09, 29284/09 e 64090/09)

I ricorrenti sono otto cittadini italiani, nati tra il 1966 e il 1988. Nel 2007 e nel 2009, rispettivamente, hanno fallito l'esame di ammissione ai corsi di laurea in Medicina e Odontoiatria in Italia. Invocando l'articolo 2 del Protocollo n ° 1 della Cedu (diritto all'istruzione), essi sostengono, in particolare, che gli obiettivi perseguiti dalla normativa italiana che limita l'accesso alle università non sono legittimi e che la misura che è stata imposta ai ricorrenti era sproporzionata. Per quanto riguarda l'articolo 6 § 1 della Cedu (diritto ad un processo equo), una ricorrente ha inoltre lamentato che i giudici italiani non hanno disposto il rinvio dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea di una questione pregiudiziale. Infine, sette ricorrenti hanno dichiarato di essere vittime di una violazione dell'articolo 14 della Cedu (divieto di discriminazione) lamentando che gli studenti più giovani hanno più opportunità per superare le prove di ammissione.

martedì 15 gennaio 2013

Non è la fine del numero chiuso

Più che una "bufera" sul numero chiuso - come titolato dal Messaggero di alcuni giorni fa - si tratta di una "bufala". Dopo le dichiarazioni dell'Udu - pronunciate dal coordinatore Michele Orezzi - i maggiori quotidiani italiani hanno pubblicato articoli e analisi in cui sostengono che le recenti ordinanze del Tar Lazio avrebbero decretato la "fine del numero chiuso" nelle università. I giudici romani, tra fine dicembre e inizio gennaio, hanno ammesso alcuni ricorrenti nell'attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla mancata previsione di graduatoria unica per l'accesso all'università.

"Si è fatta la storia  -  dice Orezzi  -. Queste giornate saranno ricordate come un enorme passo avanti verso l'università italiana libera e aperta. E aspettando la sentenza della Corte Costituzionale possiamo dire che questa martellata dell'Udu al muro del numero chiuso ha aperto una speranza per un vero diritto allo studio e un miglior futuro per gli studenti del nostro Paese".

Caro Orezzi, per fare la storia ci vuole altro! Attenzione alle facili illusioni! Purtroppo il numero chiuso è ancora solido e le sospensive emesse in questi giorni non lo mettono in discussione. La Corte costituzionale infatti non si pronuncerà sulla validità del "numero chiuso", ma sulla mancata previsione di una graduatoria  unica nazionale. Anzi, il Consiglio di Stato, proprio con l'ordinanza che sollevava la questione di costituzionalità, ha ribadito la legittimità dei test.

I ricorrenti odierni hanno ottenuto dal Tar una sospensiva, un provvedimento provvisorio che potrebbe benissimo essere annullato dal Consiglio di Stato nelle prossime settimane, ben prima che la Corte costituzionale si pronunci e ben prima che possano essere esaminati altri ricorsi.. 

Io ritengo che la Corte costituzionale probabilmente salverà il sistema attuale, perché le graduatorie separate sono una scelta discrezionale del legislatore adottata anche in casi simili senza che vi siano state censure di incostituzionalità (concorsi Agenzia delle entrate).

Tuttavia, anche se la Corte costituzionale accogliesse la tesi dell'incostituzionalità, non è detto che i ricorrenti saranno ammessi ai corsi, perché l'unificazione delle graduatorie livellerebbe il punteggio minimo di accesso, innalzandolo di alcuni punti rispetto alle università in cui era più basso, di modo che alcuni ricorrenti con punteggi troppo bassi potrebbe restarne ugualmente fuori. Il Tar Lazio, in una di queste sospensive, dice infatti che l’effetto dell’annullamento "sarebbe quello della caducazione di tutte le graduatorie locali con obbligo dell’amministrazione di redigere un’unica graduatoria nazionale [...] e di redistribuire i candidati (sulla base delle rinnovate opzioni) tra le università italiane".

Il ricorso presenta mille incertezze, ma se siete determinati, qui trovate altre info.

http://www.unionedegliuniversitari.it/udu-e-stato-abbattuto-il-numero-chiuso-ora-tramite-napolitano-tutti-gli-studenti-dentro-dopo-la-nostra-vittoria-al-tar-di-ieri-faremo-ricorso-immediato-al-presidente-della-repubblica-per-far-ent/